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STORIA E ARTE

Uno scrigno ultra millenario di fede, storia, arte

La visita della Grotta d’Antro ti cala in un luogo che riassume la storia complessa di questo territorio di frontiera del Friuli orientale, a pochi chilometri dalla longobarda Cividale, l’antica Forum Iulii. Frequentata fin dal Neolitico, la Grotta domina le Valli del Natisone-Nediške Doline, una facile via d’accesso alle valli prealpine della vicina Slovenia e, più in generale, ai territori e ai popoli dell’Europa centro-orientale.

Per la sua posizione strategica, la Grotta fece parte del sistema fortificato creato dai Romani nella Regio X Venetia et Histria, a difesa dei confini orientali. Qui si rifugiarono le popolazioni locali durante le invasioni barbariche. Qui, probabilmente, un eremita prese fissa dimora tra V e VI secolo, dando inizio alla storia della Grotta come luogo di culto cristiano. Solo tra XII e XIII secolo furono edificate le opere murarie esterne di protezione, che resero più accessibile il sito, conferendogli un aspetto simile a quello attuale.

Superati gli 86 ripidi gradini di pietra, si scavalca la galleria per il deflusso delle acque, che scorrono tumultuose nella Grotta durante le forti precipitazioni.

Conquistato il pittoresco belvedere, si accede all’antro.

L’ampia caverna d’ingresso ospita un ambiente di rara suggestione. Subito a destra si colloca l’arcaica “loggetta longobarda”. Menzionata nel XIII secolo come Cappella di Santa Maria Maggiore d’Antro e poi nota come Santa Maria Antiqua, è ancora oggi caratterizzata da elementi primitivi, tra cui la finestra a lunetta.  
Al suo fianco spicca il gioiello architettonico e scultorio della Grotta: la Cappella dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista. Un’epigrafe a lato dell’arco d’ingresso testimonia che la prima pietra fu posata nel 1477 dal “Maister Andre von Lach”, la slovena Skofja Loka, con la collaborazione dello scultore Jacob.

In stile tardogotico sloveno, la volta colpisce per il fitto intreccio a losanghe dei costoloni, che disegnano una stella a sette punte sulla parte absidale. Le mensole su cui posano i vertici dei costoloni dispiegano una straordinaria umanità di rudi mezzibusti espressivi, dalle fattezze popolari: pastori, bevitori, suonatori di gusla e di cornamusa. Su questo spaccato di Medioevo s’impone un drammatico crocifisso ligneo del XVII secolo.    

Al centro della caverna, isolato, s’erge l’altare barocco del maestro Bartolomeo Ortari di Caporetto (Kobarid), le cui statue originali sono conservate nel Museo Diocesano di Udine.

Tra Celti e Templari:
enigmi e simboli da un passato misterioso

La Chiesa-Grotta di San Giovanni d’Antro colpisce per la sua enigmatica iconografia. Sulla parete a sinistra dell’ingresso un volto di Cristo richiama il Velo della Veronica. Perché, da chi e quando fu affrescato? Qualche ipotesi rimanda alla presenza dei Cavalieri Templari, secondo alcune fonti (non dimostrate storicamente) già custodi della Sacra Sindone.  A sostegno di questa tesi, ornano la Cappella tardogotica affreschi con simboli riconducibili agli ordini cavallereschi: croci a bracci eguali e un fiore della vita a sei petali, iscritti in un cerchio. Anche una tria incisa nella roccia lungo il sentiero d’accesso alla Grotta, secondo alcune interpretazioni è un ricordo dei Templari.
Sulla parete absidale della Cappella sono inoltre emersi brani di un antico intonaco con una misteriosa scritta in greco.  
Sono presenti anche disegni di palme e “ruote cigliate”, che evocano soli celtici o culti tra paganesimo e cristianesimo, in questa terra inquieta attraversata da Longobardi, Slavi e tanti altri popoli.

Abbandonato il rigore scientifico, si è conquistati dalla magia di questo luogo che ha ispirato miti e leggende. La più nota è quella della Regina Vida, rifugiatasi dagli assalti di Attila in quest’impervio nido d’aquila, conosciuto nella mitologia locale come “Fortezza degli Slavi”.

Il cortometraggio Vida, che ricostruisce il leggendario assedio di Attila alla Grotta di Antro, rifugio della popolazione locale guidata dall’astuta regina Vida. L’opera è la tesi di laurea di Pietro Cromaz, giovanissimo autore delle Valli formatosi all’Università di Nova Gorica, ed è prodotta da Kinoatelje-Gorizia.